Il ne faut pas faire des barriques mais des barricades

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Questa è la frase che Bartolo Mascarello stampava sulle etichette del suo storico Barolo: “non bisogna fare barriques, ma barricate” riprendendo un motto del rivoluzionario Robespierre. Questa sarà il filo conduttore del nostro discutere di vino su questo blog. Mascarello la utilizzò per difendere la tradizione di vinificazione piemontese dall’avvento della moda, tutta francese, delle barriques. Noi utilizzeremo lo stesso spirito combattivo per fare in modo che non siano soltanto i giornalisti e le guide del settore ad imporre tendenze commerciali nel mondo del vino, ma anche il consumatore, l’appasionato, colui che va in enoteca, acquista una bottiglia, la degusta e vuole far sapere agli altri se quel vino secondo lui merita di essere comprato oppure no.

Cheese for peace!

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E in quest’occasione, la nostra incessante ricerca di prodotti di alta qualità, ci ha portato a visitare l’Azienda Agricola Fontegranne di Belmonte Piceno (Fermo) 

Questa azienda, che nasce nel 1968,  inizia la produzione e, con essa la ricerca dei “caci persi” e dei “caci inventati”, nel 2000.

Oggi l’azienda si compone di 84 ha di terreno coltivato in modo biologico, di 150 animali in mungitura più la rimonta e di 40 capre.

Il latte viene in parte venduto ed in parte trasformato in più di 20 tipi di formaggio.

Oltre a ciò, sono sostenitori di una iniziativa umanitaria che ci è piaciuta molto: “Cheese for peace, progetto interscambio tra i popoli ” un progetto dove il formaggio diventa “un’idea”.

L’Azienda Fontegranne ha scelto di finanziare un progetto in Tanzania curato dall’Associazione missionaria ALOE Onlus di Fermo attraverso padre Remo Villa, nella missione di Heka (regione di Singida). I fondi raccolti sano devoluti per l’acquisto di una Sgranatrice per mais che la Missione di Heka metterà a servizio degli agricoltori della zona, dove il mais costituisce l’alimento base della popolazione.

L’Azienda Fontegranne riconosce all’Associazione ALOE Onlus, € 0.50 per ogni formaggetta di “Cheeseforpeace” venduta. In questo modo lo stesso indotto dell’azienda potrà contribuire alla realizzazione globale del progetto, per “un’agricoltura che aiuti l’agricoltura”.

“Cheeseforpeace” è un formaggio composto con tre latti: vacca, capra e pecora appunto per dimostrare che, mischiando le razze si può ottenere qualcosa di meraviglioso!

Una invitante esperienza biologica…

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Indubbiamente, uno dei punti fondamentali della vita di una cucina è l’approvvigionamento delle materie prime, degli ingredienti che opportunamente trasformati divengono pietanze.

L’attenta ricerca di materie prime di altissima qualità e di prodotti biologici ci ha portato a visitare l’Azienda Agricola Doriano Scibè. Ubicata nella campagna di Grottazzolina, cuore agricolo delle Marche, l’azienda ha sempre mantenuto in vita la tradizione dell’agricoltura picena, caratterizzata dalla produzione rispettosa dell’ambiente. Questa scelta, in passato obbligata dalla povertà dei mezzi di lavoro e dalla modesta estensione delle proprietà, è diventata ora una esigenza fondamentale per mantenere l’alta qualità dei prodotti che questa azienda propone. Tutti gli animali fanno una vita sana e dignitosa, e vengono alimentati a fieno, mais e favino. Da oggi troverete nel nostro ristorante gli insaccati tradizionali, privi di stabilizzanti e coloranti e senza l’utilizzo di starter per avviare la fermentazione nella loro preparazione.

Vi aspettiamo per una degustazione!

Una cucina, una squadra e una golosa intelligenza…

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Lo scorso lunedì abbiamo visitato “Identità Golose”, il congresso internazionale di cucina che ospita gli chef famosi in Italia e in tutto il mondo. Il tema di questa edizione era “UNA GOLOSA INTELLIGENZA”, argomento scelto in questo periodo particolare di crisi in cui risulta indispensabile essere “intelligenti” per affrontare con successo la complessità del momento storico. Come ha manifestato il creatore dell’evento “per intelligenza non mi riferisco alle capacità manageriali piuttosto che al fiuto nel cogliere l’attimo per introdurre qualcosa di nuovo, un paio di piatti che aiutino a far quadrare i conti, magari quelle proposte un po’ ruffiane che piacciono a tutti. Tutt’altro: lo chef contemporaneo deve essere intelligente nel coniugare sapori, costi, gusti e piacere fisico del cliente perché dovrebbe ormai essere chiaro che un pasto non termina con l’ultimo boccone, ma con la digestione.”

Per noi è stata un’esperienza ricca di sapori, tecniche e novità che hanno nutrito la nostra passione e che, indubbiamente, riporteremo nelle nostre prossime creazioni.

Di seguito Vi riportiamo un articolo che, oltre a presentare gli chef più importanti e le loro idee di “intelligenza”, parla di cucina come uno “sport collettivo” e cioè, un proprio e vero lavoro di squadra:

“Il ristorante è una squadra: Niko Romito, Bottura e i maestri di sala ribadiscono: la cucina è uno sport collettivo.

Tempesta di gangli neuronali, sciame sismico di neuroni nell’auditorium principale nel lunedì della Decima di Identità Golose, dedicato alle intelligenze. E parafrasando Tolstoj, tutti i cretini si assomigliano, mentre ogni persona col sale in zucca lo è a suo modo. Intelligenza del silenzio è quella di Niko Romito di Reale a Castel di Sangro, che più cresce e più diventa essenziale. Parlano solo i piatti. Ne presenta attraverso dei video asciutti e quasi metafisici undici, una nazionale dei sapori essenziali, giocata su quattro basi che diventano un moltiplicatore di sensazioni mnemoniche. Perché la cucina – Niko ne è convinto e noi con lui – è memoria. Lo scampo che diventa tagliatelle, ripieno di un raviolo e si specchia in sé stesso.
 Il carciofo che si sublima a scortare un baccalà marinato sette giorni nell’olio evo, a dar corpo a un risotto e si assolutizza in un arrosto di se stesso. La spigola che si accompagna agli spaghetti, si infila in un geometrico tortello e finisce in forno con una foglia di olivo. Infine la mandorla, che finisce in un tortellino e con la carne di manzo. Niko si guadagna anche il premio Grana Padano per il miglior piatto dell’anno con le Animelle con panna limone e sale Intelligenza dell’attenzione è quella dei tre esponenti di Noi di Sala, l’associazione che riunisce le professionalità che lavorano nei ristoranti senza essere chef: Giuseppe Palmieri, sommelier dell’Osteria Francescana di Modena, Alessandro Pipero, patròn e sommelier di Pipero al Rex di Roma e Marco Reitano, sommelier della Pergola del Rome Cavalieri di Roma.

Lo sbarco dei tre sul palco principale di IG è il gregario che vince il Tour, è la comparsa che conquista l’Oscar. Un Pipero insolitamente emozionato (“generalmente faccio 30 coperti, oggi siete in centinaia”), rialza così la testa: “Il terzino e il centravanti fanno lo stesso mestiere, quello di calciatore. Perché chef, cameiere e sommelier devono essere considerati mestieri differenti quando anche loro hanno il solo scopo di far vincere la loro squadra?”. Alla fine sul palco salgono anche Oscar Farinetti (“grazie per l’atmosfera che sapete creare”) e Massimo Bottura (“che cita Michel Guérard: “Una cucina cattiva vale il 100 per cento dell’esperienza, una cucina buona ne vale il 48, perché il restante 52 è dato da altro”).

Intelligenza democratica è quella di Rodrigo Oliveira di Mocotò di San Paolo in Brasile. Fisico da terzino d’attacco brasiliano, faccia da attore, Rodrigo nel suo locale della capitale gastronomica brasiliana ma al di fuori delle rotte chic percorre una strada fatta di lusso. Lusso? Sì, ma il lusso della semplicità: da lui non si prenota, e il ricco mangia accanto al povero piatti fatti con ingredienti francescani e atavici. Come la manioca, con cui sul nostro palco realizza con pochi gesti antichi e mistici una frittellina. Concetto che poi declina unendo alla farina di manioca del vino Barbera e del formaggio nella Vinioca (instant name). Poi un omaggio a Paolo Marchi, un Maiale con fagioli e poi erbe e cereali tradizionali.

Intelligenza delle passioni, infine, quella di Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena. Che rapisce la platea con un censimento delle sue emozioni, con un video che racconta la sua filosofia (parola una volta tanto non usata a vanvera) e con una lineare Triglia alla livornese con dentro uno scampo per donare dolcezza. E la dolcezza femminile è quella in cui un Bottura particolarmente immaginifico si rifugia con una sfilata di sei giovani donne che lavorano nel suo locale (Sara, Virginia, Jessica, Mineko, Alessandra e Laura) ognuna con un piatto di sua creazione. Perché la squadra conta più dell’ego, per quanto esso sia muscoloso. Andrea Cuomo (Sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale)”

L’Alta Maremma: la terra dei grandi vini

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La Maremma, nel corso dei secoli, ha visto molti e profondi cambiamenti ad opera dell’uomo, ma ha sempre conservato quella bellezza selvaggia e quell’aria incontaminata per cui ancora oggi è famosa. Una zona che da qualche decennio è diventata una tra le più interessanti del panorama enologico italiano ed europeo. Succede spesso per i grandi vini che perlarne vuol dire anche parlare di storia. Qui si parla della storia di questa parte della Toscana, dove cultura e natura rimandano continuamente l’una a l’altra ed è impossibile distinguere il piacere del vino dal piacere di vivere e conoscere. E’ una zona aspra e insieme dolcissima, che continua a conservare molti dei caratteri e dell’intensità della Maremma dipinta da Fattori e dagli altri macchiaioli e descritta da Carducci e da Fucini tra metà Ottocento e i primi del Novecento. Densa di torri medioevali, poderi dai nomi curiosi e suggestivi, vecchie case coloniche, magazzini ed altri edifici rurali. Fiori all’occhiello della produzione vitivinicola della zona sono le città-castello di Bolgheri e Castagneto Carducci con le storiche tenute di “Sassicaia”, “Ornellaia”, “Guado al Tasso” e tante altre piccole realtà impegnate nella realizzazione dei SUPERTUSCAN. Percorrere le strade di questo territorio è una esperienza indimenticabile, come lo è il viale di cipressi che porta a Bolgheri dal cui belvedere è possibile ammirare vigneti di Cabernet, Syrah, Merlot, Vermentino . Grazie  al clima mite per la vicinanza al mare e alle brezze costanti che mitigano le calure estive e i rigori dell’inverno, che puliscono il cielo e tengono alto l’indice di insolazione, qui la vendemmia è fatta di solito a fine agosto, due settimane prima rispetto a zone più interne della Toscana.

VINI TOP:
Sassicaia (Tenuta San Guido)
Guado al Tasso (Antinori)
Masetto (Tenuta Ornellaia)

OTTIMO RAPPORTO QUALITA’/PREZZO:
Varvara  (Castello di Bolgheri)
Bruciato (Antinori)
Torrione (Fattoria Petrolo)